Mentre il 2023 viene ufficialmente dichiarato l’anno più caldo da quando ne teniamo traccia, i grandi della terra sono riuniti a Dubai per la COP28, la Conference of Parties delle Nazioni Unite.
Ogni anno dal 1995, questo evento mette allo stesso tavolo i leader politici del mondo per cercare soluzioni condivise per la mitigazione e il contatto al Climate Change.
Nel corso degli anni, le COP non sempre si sono dimostrate efficaci. Un primo risultato della COP28 è stata la concretizzazione del Fondo perdite e danni per i paesi vulnerabili, che aiuterà in parte i paesi più poveri a limitare i danni economici derivanti dal Cambiamento climatico. Si tratta tuttavia di una misura compensativa, che ovviamente non avrà nessun impatto sulle cause del fenomeno.
Dalla COP di Parigi in poi
Una delle edizioni più importanti degli ultimi anni è stata quella del 2015, che ha permesso di siglare i famosi accordi di Parigi sulla riduzione delle emissioni di gas serra. L’obiettivo è contenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 gradi in più rispetto all’era preindustriale.
In risposta a questa necessità, l’Europa ha fissato obiettivi precisi, su tutti, il raggiungimento delle zero emissioni entro il 2050. Un traguardo ambizioso e che comporta la necessità di un grande impegno da parte delle parti in causa. La Regione Emilia-Romagna, ad esempio, con il Patto per il lavoro e per il clima, intende arrivare al 2035 con il 100% di energie rinnovabili sul territorio.
Non tutti gli stati membri però, si sono mossi con la stessa proattività, per questo gli obiettivi del Green deal europeo, desta non poche preoccupazioni.
Proprio su questo tema, ANSA ha intervistato il nostro Presidente Sandro Fuzzi, ricercatore ISAC-CNR e membro di IPCC.
“Dobbiamo oggi purtroppo constatare, alla vigilia della Cop28 di Dubai, che gli impegni fino a oggi sottoscritti dai vari paesi non permetterebbero di mantenere questo obiettivo e, ad oggi, le previsioni fatte dal Climate Action Tracker tenendo conto degli obiettivi di riduzione delle emissioni previsti, ci consegnano la prospettiva a fine secolo di un mondo con una temperatura media globale attorno ai 2,7 gradi centigradi più elevata rispetto al periodo pre-industriale e, conseguentemente, un notevole maggior rischio climatico” ha spiegato Fuzzi ad ANSA.